martedì 1 marzo 2011

'Buoni pasto? No, grazie''

Ormai i buoni pasto sono diventati una sorta di strumento finanziario. E chi ci rimette sono da una parte i lavoratori e dall'altra noi esercenti": dice il vicepresidente della Fipe, l’associazione dei pubblici esercizi che aderisce a Confcommercio. Così è. E i dipendenti rischiano di rimanere con il blocchetto in mano, perdendo in toto quegli 80-150 euro al mese che ormai vengono considerati parte integrante della busta paga.I “buchi” del sistema
Il sistema è infatti fortemente penalizzante. Prima di tutto perché sul buono dove è riportato un valore di 5 euro, in realtà l’esercente riscuote meno. E in secondo luogo perché il rimborso del ticket da parte della società che lo emettono avviene con un ritardo tale da trasformarsi in un aggravio del 30% per ristoratori e baristi. Il meccanismo dei buoni funziona così: “alle origini” si fa una gara indetta da un'azienda e vinta da una società emettitrice di ticket. La quale, per vincere, deve offrire un sconto. Per capirci, se il buono ha un valore di 5 euro, potrebbe aggiudicarsi la commessa a quota 4 euro.
L’azienda che emette il ticket, però, deve guadagnarci. E quindi per recuperare lo sconto applicherà una commissione all'esercizio convenzionato dove il ticket può essere speso. Insomma, è come se l’esercente dovesse offrire un pasto del valore di 5 euro mentre dall'altra se ne ottengono 3,50. In più, riscuotendo il contante con mesi di ritardo.
I supermercati iniziano a dire “no”
Motivi sacrosanti, secondo i supermercati, per iniziare a dire “no” e chiedere contanti. Già oggi, infatti, importanti catene della ristorazione, come Mcdonald's, non accettano i buoni pasto. Così come Esselunga e grandi cooperative aderenti a Coop. Altri, come Carrefour, stanno valutando se valga la pena continuare ad accettare i ticket.
La denuncia di Casper
“E' inaccettabile la condanna a morte dei buoni pasto decretata dagli speculatori che si arricchiscono alle spalle di lavoratori e consumatori”. E’ quanto dichiara Casper, il Comitato contro le speculazioni e per il risparmio, fondato da Adoc, Codacons, Movimento difesa del cittadino e Unione Nazionale Consumatori.
“Se molti esercenti stanno cominciando a rifiutare di accettare i buoni pasto - incalza Casper - ciò accade infatti per colpa dei soliti approfittatori: sono proprio le grandi aziende con molti dipendenti (e cioè i gruppi bancari, le compagnie di assicurazione, le società telefoniche, ma anche le pubbliche amministrazioni) a selezionare le società emittenti dei buoni pasto sulla base di gare al ribasso, imponendo sconti fino al 20% del valore nominale del tagliando (un "buono" da 5 euro viene venduto di fatto a 4 euro). Le società che emettono i buoni pasto sono dunque costrette a rivalersi sugli esercenti, come bar, ristoranti, supermercati, etc. e così, essendo troppo costoso accettare buoni pasto, i ristoratori sono spesso costretti a smettere di farlo”.
“Questa conclusione - afferma Casper - danneggia il lavoratore-consumatore che nell'uso del buono pasto ha una utilità data non solo dalla comodità di utilizzo ma anche dal fatto che, sotto un certo importo, i buoni non sono soggetti a tassazione”.
“Ma la speculazione delle grandi imprese con molti dipendenti - prosegue il Comitato contro le speculazioni e per il risparmio - può portare a conseguenze ancora più gravi e cioè ad un indiscriminato aumento dei prezzi di vendita dei generi alimentari gonfiati allo scopo di ammortizzare il maggior costo delle convenzioni che si riversa però a danno anche di chi non utilizza i buoni pasto”.
“La speculazione dei buoni pasto - spiega Casper - dimostra una volta di più che il mercato ha bisogno di regole e di costanti verifiche della loro applicazione a garanzia di tutti gli attori del sistema, impedendo distorsioni che, in ultima analisi, ricadono sull'anello più debole del mercato e cioè i consumatori (ai quali, tuttavia, andrebbe ricordato che il "buono pasto" dovrebbe essere utilizzato per le esigenze alimentari quotidiane e non per acquistare ogni genere di prodotto al supermercato)”.
“Ci sono circa 2,2 milioni di consumatori -conclude Casper- che utilizzano quotidianamente i buoni pasto per un giro d'affari di 2,5 miliardi di euro: é davvero troppo per lasciare mano libera agli speculatori!”

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